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Ogni centimetro quadrato di pelle ospita oltre un milione di microrganismi appartenenti a centinaia di specie diverse: il microbiota cutaneo.

Questa comunità svolge molte funzioni fisiologiche tra cui l’impedimento dello sviluppo di batteri patogeni, generando un microambiente ostile al loro sviluppo.

 

L’applicazione di cosmetici inadatti al tipo di pelle potrebbe perturbare il delicato bilancio qualitativo e quantitativo e causare diverse condizioni cutanee, passando dallo stato di eubiosi a quello di disbiosi.

In caso di disequilibrio, la pelle diventa suscettibile all’azione di agenti esterni con conseguente aumento di alterate condizioni cutanee sia patologiche (eczema, acne, dermatite atopica) sia non patologiche (forfora, pelle irritata e secca).

 

Per questo motivo, è indispensabile scegliere accuratamente quale cosmetico usare: ad esempio, scegliere un detergente con molecole dall’azione simile a quella dei lipidi usati nella detersione per affinità (come talea oil), significa anche ridurre il potenziale danno al microbiota causato da una detersione troppo aggressiva. 

 

Ancora lontana è la strada che prevede di migliorare l’habitat del microbiota aggiungendo gli integratori nei cosmetici, così come si fa per il microbiota intestinale attraverso la loro assunzione orale. 

Infatti, l’integrazione dei probiotici, che sono dei microrganismi viventi, risulta complessa: la presenza dei conservanti cosmetici potrebbe compromettere la loro integrità e vitalità.

Più possibilità potrebbe avere l’aggiunta di postbiotici, microrganismi sottoposti ad abbattimento di carica batterica, o di prebiotici, sostanze organiche come gli zuccheri che nutrono i ceppi presenti nel sito di applicazione e favoriscono il benessere cutaneo.

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